Nel Niguarda Cancer Center è attivo il Centro di Senologia (Breast Unit), una struttura in cui lavora un team multidisciplinare che prende in carico le pazienti dalla diagnosi al percorso di cura, dalle terapie chirurgiche a quelle mediche e radioterapiche, dal sostegno psicologico ai controlli. Il modello organizzativo della Breast Unit prevede un iter strutturato che definisce spazi e momenti di interazione tra specialisti, con l’obiettivo di garantire a chi è affetto da un carcinoma alla mammella l’inquadramento diagnostico in tempi adeguati, la semplificazione dell’accesso agli ambulatori e un percorso terapeutico appropriato, efficace ed efficiente.
Il tumore al seno è la neoplasia più diffusa nella popolazione femminile, con 55.000 nuovi casi nel 2020. Si stima che colpisca una donna su otto. Nonostante questo, il tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi è alto, intorno all’88%. Fondamentale, insieme alle cure, la prevenzione. Screening tempestivi e accurati consentono diagnosi precoci, quando la malattia è più facilmente curabile.
Per il tumore al seno l’oncologo medico può mettere in atto diverse strategie terapeutiche: “Si può considerare l’ormonoterapia, la terapia medica, l’immunoterapia e le più nuove terapie bersaglio-specifiche - afferma Emiliana Tarenzi, dirigente medico oncologo del Niguarda Cancer Center. La scelta del percorso terapeutico per il carcinoma mammario dipende da diversi fattori, tra i quali le condizioni della persona ammalata, le caratteristiche molecolari e di diffusione del tumore e molto altro ancora. La scelta del trattamento è quindi frutto di una valutazione globale per cui è imprescindibile la stretta connessione tra le diverse professionalità che seguono il percorso di cura.
La chirurgia è uno dei pilastri per la cura di questa neoplasia e negli ultimi anni ha fatto enormi progressi: “Col tempo e grazie a numerosi studi, si è compreso che la chirurgia del seno può essere anche conservativa - afferma Antonio De Luca, chirurgo senologo e responsabile della Breast Unit di Niguarda. - Siamo riusciti a sviluppare tecniche operatorie in grado di asportare radicalmente il tumore preservando il più possibile le parti sane della ghiandola”.
L’operazione da effettuare si sceglie partendo dalla diagnosi, valutando diversi fattori: “Una malattia in stadio iniziale, senza coinvolgimento dei linfonodi ascellari, con caratteristiche biologiche di bassa aggressività, quasi sempre prevede un intervento conservativo. La chirurgia demolitiva, o mastectomia, che asporta tutta la ghiandola mammaria, è invece indicata quando il tumore è grande o sproporzionato rispetto al seno o quando è localizzato in più quadranti. Anche la mastectomia è diventata sempre più conservativa. Oggi, infatti, si risparmia il più possibile l’involucro che riveste la mammella, facendo seguire all’operazione un intervento di ricostruzione. È quindi possibile ottenere un risultato estetico molto soddisfacente, aiutando la paziente a superare l’ostacolo psicologico dell’amputazione”. In questo senso la chirurgia ricostruttiva è parte integrante della cura del tumore alla mammella.
Anche la radioterapia è da considerarsi parte integrante del programma terapeutico, infatti è quasi sempre indicata dopo un intervento di chirurgia conservativa, con l’obiettivo di ridurre al minimo il rischio di recidiva.
Negli ultimi tempi la ricerca è proseguita con l'obiettivo di individuare possibili nuovi target per cercare di sviluppare terapie mirate ed attive. Sono stati recentemente introdotti infatti in clinica, nuove tipologie di farmaci contro il carcinoma mammario triplo negativo; parliamo ad esempio dell’ immunoterapia in combinazione con la chemioterapia; abbiamo a disposizione anche gli inibitori di PARP, farmaci specifici che hanno come bersaglio la proteina PARP, e che sono oggi riservati a pazienti con tumori in stadio avanzato che presentano mutazioni nei geni BRCA.
I continui miglioramenti diagnostico-terapeutici in ambito oncologico, aprono sempre più opportunità terapeutiche anche per i tumori che fino a pochi anni fa risultavano particolarmente difficili da curare aumentando le possibilità terapeutiche per tutti i nostri pazienti.