Al Niguarda Cancer Center nel Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, grazie al sostegno della Fondazione Oncologia Niguarda, le migliori cure possibili vanno sempre di pari passo con la ricerca scientifica, anche quando si tratta di tumori rari.
La scarsità di dati disponibili relativi alle neoplasie che colpiscono un numero limitato di persone, infatti, rende le indagini scientifiche ancora più preziose per contribuire al miglioramento della futura pratica clinica, con un impatto diretto sulla vita dei pazienti.
I medici e i ricercatori del Centro avvertono forte il dovere professionale e morale di applicare, appena possibile, i più innovativi strumenti di ricerca anche ai tumori rari. Per questo, con il supporto della nostra Fondazione, hanno realizzato uno studio che per la prima volta analizza il profilo biomolecolare dei sarcomi cardiaci primitivi, rarissimi tumori maligni che originano dalle camere cardiache o dai grossi vasi. Una patologia che colpisce soprattutto giovani adulti e che nell’88% dei casi non è trattabile con la chirurgia a causa dell’estensione del tumore già all’esordio.
Lo studio - realizzato dal gruppo di ricerca guidato dalla dott.ssa Katia Bencardino e recentemente presentato al congresso internazionale ESMO (European Society of Clinical Oncology) Sarcoma and Rare Cancers dai dottori Alberto Giuseppe Agostara e Giorgio Patelli (nella foto) - raccoglie l’esperienza maturata dal Niguarda Cancer Center negli ultimi due anni. In questo arco di tempo, infatti, l’equipe multidisciplinare del Centro si è presa cura di quattro giovani pazienti, di età compresa tra i 22 e i 50 anni, affetti da sarcoma cardiaco primitivo e riferiti al Grande Ospedale Metropolitano Niguarda per la complessità clinica dei casi. Ciascuno richiedeva l’expertise di tante figure professionali – oncologi, cardiochirurghi, cardiologi, emodinamisti, patologi, biologi molecolari, radioterapisti, anestesisti, psicologi, palliativisti - oltre alla possibilità di effettuare interventi in regime di emergenza.
Lo studio ha analizzato dal punto di vista molecolare sia il tessuto tumorale sia il sangue dei quattro pazienti. Quest’ultimo, con un semplice prelievo venoso, è stato esaminato attraverso la tecnica della biopsia liquida, un esame che “va a caccia” delle cellule tumorali circolanti o del DNA che esse rilasciano nel flusso sanguigno o in altri fluidi corporei.
Se l’analisi del tessuto tumorale ha mostrato mutazioni molecolari concordi con quelle già note dalla letteratura, riferite ad esempio a geni che si occupano della regolazione del ciclo cellulare, l’analisi molecolare del sangue dei pazienti ha portato a nuove importanti evidenze. I test, infatti, hanno mostrato una concordanza di queste mutazioni molecolari dei geni sia nella parte solida, ovvero nel tessuto tumorale, sia nella parte liquida, cioè nel sangue. Una scoperta non scontata, perché dalla ricerca sappiamo che alcuni tumori non “gettano” nel sangue una parte circolante, precludendo la possibilità di indagare la malattia attraverso un esame poco invasivo come la biopsia liquida.
L’altra importante evidenza emersa dallo studio è che il dosaggio della parte tumorale circolante nel sangue dei pazienti è correlata all’andamento della malattia: quando questo valore si riduceva, alla successiva tac il tumore mostrava un miglioramento, quando invece aumentava, era prossimo a un peggioramento.
Lo studio finanziato da Fondazione Oncologia Niguarda ha posto quindi le basi per la ricerca di nuovi potenziali biomarcatori diagnostici e terapeutici nel contesto di un tumore raro come il sarcoma cardiaco primitivo, dimostrando come l’analisi molecolare del sangue dei pazienti sia un potenziale strumento per il monitoraggio e la predizione dell’andamento di questa malattia nel corso dei trattamenti.