Carmen Sanchez: "La terapia NO-CUT mi ha regalato una seconda vita"

“La vita mi ha riservato parecchie difficoltà e ho imparato a gestirle per lo più da sola, ma non avrei mai immaginato di dover affrontare anche questa malattia.

Tutto è iniziato con dolori all’addome e una sensazione di dovermi scaricare in modo continuo e impellente, fino a quando un giorno ho trovato il water pieno di sangue. Terrorizzata ho contattato il mio medico e, dopo una serie di accertamenti in un ospedale privato di Monza, ho avuto il responso: cancro al retto, qualcosa che subito ho associato alla morte.

I medici mi parlavano di intervento, di ‘sacchetto esterno’, di quanto sarebbe cambiata la mia vita. Mi sentivo vacillare, ero completamente persa ma per fortuna accanto a me c’era Elisabetta, una delle amiche che mi sono state accanto spronandomi a lottare. Con lei sono tornata dal mio medico, insieme mi hanno convinta a cambiare strada e ad affidarmi a specialisti di questa malattia e quindi all’equipe oncologia del Niguarda.

È così che il mio caso è stato preso in carico dall’oncologa Katia Bencardino che, con disponibilità e precisione, mi ha descritto il protocollo di cura del cancro del retto chiamato NO-CUT, con il quale sarei stata prima sottoposta a chemioterapia quindi a chemioradioterapia e, in caso di regressione completa della malattia, avrei potuto persino evitare l’intervento chirurgico. In me si agitavano emozioni contrastanti: paura, dubbi, disperazione, speranza. La dottoressa però mi trasmetteva fiducia e ho accettato perché ho capito che mi veniva offerta la possibilità di salvare la mia vita e la sua qualità.

Il 4 agosto 2020 ho iniziato la mia battaglia fatta di flebo, pastiglie e sedute di radioterapia. Non è stata certo una passeggiata ma nell’affrontarla ho ricevuto il sostegno dei ‘miei angeli’. Per prima l’equipe di oncologi medici e infermieri che mi ha seguita: io ho creduto in loro e loro in me. Con grande professionalità mi hanno proposto un protocollo di cura impegnativo ma efficace, il NO-CUT, con profonda umanità mi hanno incoraggiata ad accettarlo. Oggi non posso che ringraziarli con tutto il cuore per avermi dato una seconda vita. E poi le persone che mi vogliono bene, i miei figli e nipoti, insieme all’associazione Una vita in rosa, che aiuta le donne colpite da tumore, di cui ora sono volontaria.

So che il mio percorso non è ancora finito perché devo sottopormi a controlli regolari e quando è il momento li affronto con un po’ di nervosismo ma anche tanta positività. Vivo ogni giorno per come si presenta e con un pizzico di follia, perché questa è la mia seconda vita e voglio viverla a pieno”.

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